Dott. Massimo Cecchi Urologo
Dott. Massimo Cecchi Urologo

Prestazioni e interventi

In questa sezione lo studio Dott. Massimo Cecchi vi presenta in sintesi  i campi di interesse e gli interventi che esegue. Potete contattarlo se avete bisogno di ulteriori informazioni.

UROLOGIA

Dott. Massimo Cecchi Urologo opera nel settore dell'urologia dal 1985 e ha acquisito un'esperienza molto vasta nel settore con l'esecuzione di oltre 20.000 interventi. 

 

TIPOLOGIA INTERVENTI

* oncologia urologia

* chirurgia robotica

* chirurgia laparoscopica

* endoscopia alta e bassa via escretrica

* laser per IPB

* chirurgia andrologia

* chirurgia ricostruttiva apparato urinario e genitale

* liottrissia extracorporea e endoscopica

Dott. Massimo Cecchi Urologo esegue interventi di:

  • nefrectomia radicale chirurgica e laparoscopica e robotica
  • tumorectomia renale chirurgica, robotica e laparoscopica anche con accesso singolo
  • prostatectomia radicale con conservazione attività sessuale chirurgica e robotica
  • chirurgia ricostruttiva apparato urinario e genitale
  • cistectomia radicale con ricostruzione vescicale
  • endoscopia alta e bassa bia escretrice
  • trattamento IPB endoscopico e laser
  • interventi per incontinenza e prolasso uro-genitale
  • impianto protesi per incontinenza maschile

DESCRIZIONE INTERVENTI

INTERVENTO CHIRURGICO DI CISTECTOMIA RADICALE

 

INDICAZIONI

L’indicazione a questo tipo di intervento è la presenza di carcinoma vescicale infiltrante, esistono altre indicazioni che sono piuttosto infrequenti (vescica attinica, neurologica, carcinomi extraurologici avanzati).

DEFINIZIONE

Per cistectomia radicale si intende l’asportazione di vescica, prostata, vescicole seminali nell’uomo (se necessario anche l’asportazione dell’uretra); asportazione di vescica, utero, ovaie e parete anteriore della vagina con uretra nella donna. Durante l’intervento vengono asportati anche i linfonodi regionali (iliaci ed otturatori).           

L’asportazione della vescica richiede una derivazione urinaria. Gli ureteri, che portavano l’urina alla

vescica, devono essere collegati all’esterno direttamente (ureterocutaneostomia) o tramite un’ansa

intestinale, isolata dal resto dell’intestino (neovescica ortotopica ileale, ureteroileocutaneostomia,

tasca indiana).

DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI

L’intervento ha lo scopo di asportare la vescica e contemporaneamente costruire una derivazione urinaria. Le derivazioni urinarie utilizzate in questa U.O. sono:

URETEROCUTANEOSTOMIA (UCS)

La via urinaria viene derivata all’esterno mediante anastomosi (collegamento) diretta e permanente dei due ureteri alla parete addominale (su ciascun lato o bilateralmente). Infatti, a conclusione della procedura chirurgica, le stomie urinarie così confezionate saranno due (una a destra ed una a sinistra od entrambe a destra), protette da idonei presidi di raccolta. Nel lume dei due ureteri saranno posti due sottili cateteri a finalità automodellante e che in seguito dovranno essere sostituiti periodicamente (una volta al mese).

Vantaggi e Svantaggi:ridotta mortalità e minori complicanze intra-operatorie e post-operatorie rispetto ad altre tecniche. Posizionamento definitivo di due stomie cutanee con sacche di raccolta (alterazione dello schema corporeo). Necessità di un programma d’assistenza periodica presso Centri per urostomizzati.

URETEROILEOCUTANEOSTOMIA (sec. Bricker)

Le urine saranno condotte all’esterno (derivate) mediante anastomosi (collegamento) dei due ureteri ad un’estremità di un’ansa intestinale, in precedenza isolata chirurgicamente dalla continuità intestinale, a sua volta suturata, all’altra estremità, alla parete addominale. Al termine della procedura operatoria, sull’addome rimarrà permanentemente un’unica apertura (stomia) protetta da un adeguato presidio di raccolta (sacca) per le urine; il condotto enterico così confezionato è privo della capacità di stoccaggio d’urina (le urine scoleranno continuamente all’interno della sacca e lì saranno raccolte).

Vantaggi e Svantaggi:minori complicanze intra e postoperatorie rispetto alle neovesciche continenti.

Rispetto alla UCS è gravata dai rischi legati alla resezione intestinale. Presenza di un’unica stomia cutanea (alterata simmetria corporea), senza i cateteri uretrali a dimora. È gravata da minor rischio di sepsi urinarie.

Tempi operatori prolungati rispetto alla cistectomia con ureterocutaneostomia ma ridotti rispetto alle neovesciche continenti. Richiede controlli presso centri per urostomizzati meno frequenti.

NEOVESCICA ILEALE ORTOTOPICA

Il tratto d’intestino isolato sarà modificato al fine di ottenere un serbatoio sferico, a bassa pressione (che cioè non si tenda prima che almeno 200-300 cc d’urine si siano depositati al suo interno). La “nuova vescica”, posta nella stessa sede della vescica (ortotopica), sarà ricollegata   all’uretra e quindi la continenza sarà demandata ai normali meccanismi sfinteriali. Gli ureteri saranno ricollegati alla nuova vescica.

Il vantaggio èmantenimento della minzione per uretram, lo svantaggio è un notevole impegno da parte del paziente per la corretta gestione.

TASCA INDIANA

Nel caso in cui l’uretra non possa essere utilizzata si eseguirà un particolare tipo di collegamento della neo-vescica alla cute che dovrebbe assicurare una buona continenza; in questo caso l’evacuazione delle urine dovrà avvenire necessariamente ad intervalli regolari (ogni 3-4 ore) tramite un catetere che dalla cute andrà a pescare nella neovescica (autocateterismo).

Vantaggi e svantaggi:mantenimento della continenza senza necessità di un sistema di raccolta delle urine esterno, maggiore frequenza di complicanze postoperatorie per l’utilizzo di un particolare segmento intestinale, necessità di autocateterismo, controlli più frequenti ed un notevole impegno da parte del paziente per la corretta gestione.

 

TECNICA CHIRURGICA

PREPARAZIONE: il paziente deve essere depilato nelle zone sedi d’incisione. È necessario che l’intestino venga quanto più possibile pulito dai residui fecali mediante un lassativo da assumere il giorno prima dell’intervento.

Viene eseguita profilassi antibiotica pre-operatoria da proseguire per 5-7 giorni, salvo complicazioni, e profilassi antitromboembolica da proseguire per 3-4 settimane dopo l’intervento.

INCISIONE: l’intervento è eseguito per via addominale mediante un’incisione mediana condotta da sopra l’ombelico fino al pube. Una volta asportata la vescica si procederà alla ricostruzione della via urinaria secondo una delle metodiche descritte in precedenza.

DURATA DELL’INTERVENTO: a seconda della complessità della derivazione, i tempi possono essere variabili da due ore ad un tempo superiore alle quattro ore.

 

In caso di ureterocutaneostomia all’uscita dalla sala operatoria il paziente avrà 2 drenaggi addominali e 2 cateteri ureterali che fuoriescono dai rispettivi ureteri abboccati alla cute.

In caso di ureteroileocutaneostomia (sec. Bricker) il paziente avrà 2 drenaggi che fuoriescono dall’addome e 2 cateteri ureterali che fuoriescono dalla stomia ileale abboccata alla cute.

In caso di neovescica ileale ortotopica il paziente avrà 2 drenaggi e 2 cateteri ureterali che fuoriescono dall’addome ed un catetere uretrale che fuoriesce dalla neovescica attraverso il pene.

In caso di tasca indiana il paziente uscirà dalla sala operatoria con 2drenaggi, 2 cateteri ureterali ed un catetere.

 

DECORSO

La degenza media ospedaliera si aggira intorno agli 8-12 giorni.; per i primi tre giorni postoperatori il paziente rimane digiuno. Se il decorso post-operatorio è regolare, in III giornata viene praticato un clisma per stimolare la completa ripresa della funzione intestinale, dopodichè si potrà riprendere gradualmente l’alimentazione. La rimozione dei drenaggi avviene in III-IV giornata.

Durante l’intervento o nel periodo postoperatorio può essere necessario mettere un sondino naso-gastrico per drenare i succhi gastrici fino a completa canalizzazione.

 

 

COMPLICANZE

Le complicanze possono essere intraoperatorie o post-operatorie immediate(entro 30 giorni) e postoperatorie tardive(dopo i 30 giorni).

La frequenza di complicanze nei pazienti che sono sottoposti a cistectomia radicale è di circa il 25%. La mortalità si aggira intorno all’1%.

Le complicanze intraoperatoriesono rappresentate da:

- sanguinamento che può essere abbondante specie se la patologia coinvolge i grossi vasi sanguigni e può richiedere trasfusioni di sangue eterologo.

- lesioni accidentali del nervo otturatorio durante la linfadenectomia.

- lesioni accidentali dell’intestino in corso di scollamento vescicale o di preparazione del tratto intestinale che sarà utilizzato in seguito (possono richiedere la creazione di derivazione fecale temporanea, da mantenere però anche per alcuni mesi).

Tra le complicanze post-operatorie immediate(entro 30 giorni) collegate direttamente alla creazione della derivazione si ricordano:

- deiscenza anastomotica (cedimento) della sutura tra neovescica e uretere o delle pareti dell’intestino rimodellato con fuoriuscita d’urina. Comporta dolore addominale e prolungamento del blocco intestinale (ileo paralitico); se prosegue nel tempo (un limite temporale non assoluto è quello di 30 giorni) può richiedere un reintervento, ma normalmente guarisce da solo (trattamento conservativo o d’attesa) grazie al tubo di drenaggio che porta tale stravaso d’urine all’esterno;

- infezioni.

- difficoltà al cateterismo intermittente della neovescica (tasca indiana); raramente richiede un reintervento.

- ostruzione ureterale (stenosi); può richiedere un reintervento, il più delle volte endoscopico.

- reflusso ureterale: è una complicanza molto frequente che và seguita nel tempo e corretto solo se causa di danno renale.

Le complicanze post-operatorie immediate(entro 30 giorni) non collegate direttamente alla creazione della derivazione sono:

- infezioni: se saccate (ascesso) possono richiedere un drenaggio chirurgico; normalmente sono trattate conservativamente; specie in soggetti defedati possono anche mettere in pericolo di vita il paziente

- deiscenza anastomotica (cedimento) della sutura enterica con fuoriuscita di liquido intestinale. Comporta dolore addominale e prolungamento del blocco intestinale (ileo paralitico). Richiede comunemente un reintervento per correggere il difetto.

- ileo meccanico (blocco intestinale) da impossibilitato transito delle feci attraverso la ricostituita continuità intestinale (angolazione di un’ansa, briglia aderenziale, ernia interna, devascolarizzazione di un’ansa). Richiede un reintervento.

- complicanze della ferita: la ferita può essere sede d’infezione superficiale o profonda, che può richiedere un intervento di pulizia chirurgica di solito in anestesia locale, o di ernie post-intervento; sono complicanze comuni a qualsiasi intervento addominale.

- prolungata linforrea (perdita di liquido linfatico) attraverso il tubo di drenaggio: è una complicanza autolimitantesi e non richiede reintervento, se non quando responsabile di una raccolta saccata di linfa (linfocele).

- flebotrombosi e/o embolie polmonari, complicanze cardio-polmonari, ulcere gastriche possono complicare qualsiasi tipo d’intervento.

 

 

DIMISSIONE

Alla dimissione viene consegnata una relazione con le indicazioni per la prosecuzione dei controlli e procedure da attuarsi nel breve periodo. Tali indicazioni prevedono anche il ritiro della lettera di dimissione definitiva, con esame istologico allegato che conterrà le indicazioni per i controlli da attuarsi nel lungo periodo. Prima della dimissione i pazienti che dovranno mantenere una sacca di raccolta urine permanente saranno istruiti dalla enterostomista sulla gestione della stessa. In caso di pazienti con neovescica ortotopica ileale o tasca indiana si renderà necessario eseguire a domicilio lavaggi della neovescica tramite il catetere vescicale con soluzione fisiologica; per tale procedura saranno istruiti dal personale della corsia di degenza.

 

NORME DI COMPORTAMENTO ALLA DIMISSIONE

Dopo la dimissione si consiglia una ridotta attività fisica e un regime alimentare moderato. Generalmente si può dire che dopo un mese il paziente può riprendere una cauta attività lavorativa e può essere ripreso l’uso di veicoli per lunghi tragitti.

Per i pazienti portatori di neovescica ortotopica ileale o tasca indiana è inoltre necessario prestare continuamente attenzione alla nuova condizione; la neovescica, sia che si svuoti attraverso le vie naturali (uretra) o attraverso cateterismo intermittente non si comporta come la vera vescica:

  • la sensazione di ripienezza tipica della vescica piena viene sostituita da una diversa sensazione che bisogna imparare a riconoscere e che comporta all’inizio la necessità di urinare ad intervalli di tempo regolari e/o con l’ausilio del catetere ( può essere necessario dover imparare a praticare l’autocateterismo).
  • lo svuotamento vescicale richiede l’ausilio del torchio addominale e di pressioni esterne con le mani perché la neovescica non è capace di generare attivamente e sotto la nostra volontà una contrazione;
  • bisogna imparare a rilasciare lo sfintere uretrale prima di svuotare la vescica. Viene perso, infatti, quel meccanismo inconscio ed automatico che possiede una vescica normale e che fa sì che alla contrazione della sua parete segua per un riflesso nervoso il rilasciamento dello sfintere; solo così le urine possono defluire senza ostacoli.

 

COME COMPORTARSI IN CASO DI COMPLICANZE INSORTE DOPO LA DIMISSIONE.

È necessario che per tutta la vita, il paziente resti in contatto con un centro urologico e che a questo faccia riferimento per ogni problema relativo e pertinente all’intervento stesso, come difficile svuotamento della neovescica (senso di tensione o di ripienezza addominale), febbre che non recede con terapia antibiotica tradizionale, astenia marcata, anemia, dolori addominali d’incerta natura, alterazione dei parametri ematochimici di funzione renale, dolori lombari gravativi o di tipo colico ecc. In caso di dolore addominale, febbre e macroematuria (presenza di sangue, visibile ad occhio nudo, nelle urine) rivolgersi allo specialista.

 

COMPLICANZE TARDIVE

Tra le complicanze tardivecorrelate alla creazione della neovescica si ricordano:

- rottura della neovescica o sua fissurazione: può richiedere un intervento o un semplice drenaggio percutaneo o una riparazione della neovescica a cielo aperto.

- formazione di calcoli: possono formarsi sui punti metallici utilizzati nella costruzione di una neovescica o essere secondari ad infezioni, raccolte di muco o corpi estranei. Richiedono un reintervento che più spesso viene eseguito per via endoscopica, raramente può richiedere un reintervento chirurgico a cielo aperto.

- ostruzione ureterale: probabilmente la più frequente complicanza. È responsabile d’insufficienza renale se interessa entrambi i reni contemporaneamente. Richiede spesso un iniziale drenaggio delle urine mediante un catetere sottile posto, il più delle volte, in anestesia locale attraverso il fianco (nefrotomia); quindi si procederà a risolvere l’ostruzione mediante tecniche endoscopiche, in caso di fallimento sarà necessaria una correzione chirurgica a cielo aperto.

- reflusso ureterale: è un ritorno d’urine che provengono dalla neovescica verso i reni. Può richiedere un reintervento solo se responsabili di deterioramento della funzione renale;

- incontinenza urinaria: è un evento comune; avviene più frequentemente di notte o a seguito d’improvvisi aumenti della pressione addominale ed in tali casi non richiede trattamento se non una prescrizione di sussidi atti a contenerla; se persistente si può provare a risolverla con ginnastica volta ad irrobustire la muscolatura pelvica.

- ipercontinenza/ritenzione: è un evento che si verifica soprattutto nelle derivazioni urinarie continenti nelle donne o in caso di sviluppo di stenosi dell’anastomosi uretrovescicale negli uomini; comporta l’impossibilità a svuotare completamente la vescica. Solitamente viene trattato con auto-cateterismi puliti intermittenti.

- problemi alla stomia: vanno dal restringimento della stomia cutanea (orifizio neoformato attraverso cui la neovescica è abboccata alla cute), solitamente risolvibile con dilatazioni progressive e continuate, all’ernia parastomale. Quest’ultima và corretta chirurgicamente se particolarmente fastidiosa o voluminosa. Interessano nel complesso circa il 25% dei pazienti.

- deterioramento della funzione renale, acidosi e anemia: è necessario controllare per tutta la vita la funzione renale, i livelli di emoglobina e l’equilibrio acido-base.

A distanza si possono avere recidive pelviche della neoplasia.

 

CONSEGUENZE DELL’INTERVENTO ED EFFETTI COLLATERALI

L’intervento di cistectomia radicale provoca una drastica riduzione della funzionalità sessuale.

Nel caso di un soggetto maschile l’asportazione della vescica, prostata e vescicole seminali comporta l’asportazione dei nervi erigendi ed un danno vascolare che determinano quasi costantemente la scomparsa della capacità di avere un’erezione spontanea.

Nel caso di un soggetto femminile solitamente sono asportati con la vescica, utero, ovaie, uretra e parete anteriore della vagina che determina una forte alterazione, fino all’impossibilità, dei rapporti sessuali.

In casi estremamente selezionati può essere presa in considerazione una cistectomia radicale sex sparing (cioè con l’intento di conservare l’attività sessuale).

La presenza definitiva di una stomia cutanea (ureterocutaneostomia e ureteroileocutaneostomia sec. Bricker), in futuro e con incidenza variabile da soggetto a soggetto, potrà comportare:

•   irritazioni locali da stravaso urinario attraverso il presidio di continenza e/o intolleranza al presidio stesso.

•   deiscenza e prolasso della stomia (apertura del punto di contatto tra la cute e il rivestimento, detto mucosa, dell’uretere).

•   stenosi (restringimento) della stomia.

•   infezioni urinarie ascendenti.

•   lesioni da sostituzione dei cateteri ureterali (in caso di UCS).

 

ENDOSCOPIA ALTA VIA ESCRETRICE

 

Le indicazioni all’endoscopia dell’alta via escretrice sono di tipo diagnostico e terapeutico. Le prime per la valutazione di immagini di difetti di riempimento ottenute in precedenza con la diagnostica tradizionale (ad esempio urografia), la valutazione e la sorveglianza di tumori, la ricerca di eventuali restringimenti (stenosi) della via escretrice. Le seconde per il posizionamento di guide o cateteri per la visualizzazione, frammentazione, rimozione, spostamento di calcoli, per la biopsia,o la diatermocoagulazione di lesioni neoplastiche, per la dilatazione o incisione di tratti stenotici.

 

Tecnica Chirurgica

La procedura permette di esplorare l’uretere e le cavità renali attraverso un apposito strumento rigido o flessibile che, dopo essere stato introdotto in vescica attraverso l’uretra, viene inserito nell’uretere e fatto risalire verso il rene. Una volta raggiunta la sede interessata, con strumenti meccanici (pinze), elettrici (elettrobisturi), o laser viene trattata la patologia presente.

La tecnica prevede, in genere, se il trattamento e’ terapeutico l’anestesia generale. Al termine può essere lasciato un cateterino di protezione per 24 -48 ore. L’intervento e’ sconsigliato in presenza di infezioni del tratto urinario. La durata dell’intervento, in funzione delle difficoltà che si possono incontrare,varia generalmente da 30 minuti a 2 ore.

 

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria ?

Il paziente esce dalla sala operatoria con il catetere vescicale e se necessario un cateterino ureterale che vengono generalmente rimossi la mattina successiva. Può essere presente una modesta ematuria che si risolve in poche ore. La durata del ricovero può variare da uno a due giorni salvo complicazioni.

 

Complicanze immediate o precoci

Il successo della metodica sia diagnostica che terapeutica ha percentuale discretamente elevata. I vantaggi rispetto alla chirurgia a cielo aperto sono una minore invasività e, per alcune forme di ematuria, un approccio insostituibile.

Le possibili complicanze immediate intraoperatorie sono la perforazione, che può essere trattata con il posizionamento di un tutore endoureterale che viene lasciato in sede fino a completa guarigione e che consente al paziente una vita normale, e, molto rara, l’avulsione dell’uretere. Questa prevede un trattamento chirurgico di riparazione.

Complicanze precoci possono essere l’espulsione di frammenti di calcolo con coliche e possibile ostruzione che richiede il posizionamento di un tutore ureterale e la stenosi che viene trattata in prima istanza per via endoscopica e successivamente, nel caso di insuccesso, chirurgicamente.

 

Cosa occorre fare al domicilio dopo la dimissione?

Il paziente, se non vi sono complicazioni, dovrà solo osservare alcuni giorni di riposo e successivamente riprendere gradualmente la vita normale. Un modesto bruciore alla minzione e l’emissione di piccole quantità di sangue con le urine sono da considerare normali.

 

 

 

INTERVENTO CHIRURGICO DI CORPOROPLASTICA PER RECURVATUM O INDURATIO PENIS PLASTICA

 

Il recurvatum penieno o pene curvo congenito è dovuto ad uno sviluppo asimmetrico dei corpi cavernosi che determina una curvatura del pene visibile soprattutto in erezione. La malattia è presente dalla nascita ma diviene ovviamente più visibile con lo sviluppo durante l’adolescenza quando determina spesso conseguenze psicologiche e sessuali.

l’Induratio Penis Plastica, detta anche Malattia di La Peyronie, è caratterizzata da una lesione simil-cicatriziale dei corpi cavernosi del pene determinante, proprio per la ridotta elasticità tipica di una cicatrice, durante l’erezione accorciamento funzionale e curvatura del pene stesso.

Non si tratta di una patologia rara osservandosi in circa l’1% di tutti gli uomini con prevalenza dai 45 ai 60 anni.

In questi pazienti si riscontra familiarità della malattia ma a tutt’oggi non è completamente nota la sua causa anche se si suppone che un processo autoimmune possa esserne all’origine; altre ipotesi non dimostrate sono state i traumi, soprattutto se ripetuti, e farmaci come i beta-bloccanti. Per tale motivo non esistono terapie mediche realmente efficaci e spesso è necessario l’intervento chirurgico.

L’inizio della malattia è subdolo con la maggior parte dei pazienti che non avvertono dolore ma hanno la semplice percezione di un nodulo nel pene.

Nella maggior parte dei casi la deformazione conseguente è modesta ed evolve con lentezza impiegando anche anni prima di ostacolare l’attività sessuale. Tuttavia la deformazione tende ad essere progressiva e non è infrequente l’associazione con deficit erettile.

Per la sua diagnosi è spesso sufficiente la sola visita specialistica, talvolta può essere utile una documentazione fotografica sopratutto prima dell’eventuale intervento chirurgico correttivo.

 

Tecnica Chirurgica

 

Particolarmente efficace nel correggere la deviazione del pene l’intervento chirurgico è indicato soprattutto in coloro nei quali la deformazione ostacola, per anatomia o dolore, l’attività sessuale.

Gli interventi possibili sono essenzialmente di due tipi: semplice raddrizzamento o escissione della placca. Ambedue gli interventi vengono eseguiti attraverso un’incisione circolare sotto il glande.

 

INTERVENTI DI RADDRIZZAMENTO SENZA ESCISSIONE DELLA PLACCA

Presso il nostro centro si utilizza prevalentemente la cosiddetta tecnica di Yachia. Sostanzialmente tale tipo di intervento si basa sulla creazione (tramite incisione e sutura del corpo cavernoso sul lato opposto alla placca) di una contro-trazione speculare del pene che arrivi a correggere la sua deviazione. Questo intervento lascia quindi in sede la placca e determina un accorciamento del pene che è proporzionale al grado di curvatura da correggere.

E’ preferibile associare, ma non è indispensabile, una circoncisione.

La durata dell’intervento è di solito di 45-60 minuti.

 

INTERVENTO CON ESCISSIONE DELLA PLACCA

Qualora la curvatura sia troppo accentuata (>60°) e la placca comporti una grave deformazione del pene, vi può essere indicazione alla escissione della placca stessa e recupero della perdita di tessuto asportato con un innesto in sede di un segmento di vena (in genere della vena safena della gamba) o di materiale eterologo (collageno, ecc).

In questo caso l’intervento è molto più complesso ed ha una durata superiore. Teoricamente sono meno frequenti ed accentuate le problematiche inerenti l’accorciamento ed irregolarità di superficie peniena, ma sono frequenti le possibili difficoltà erettili post-operatorie anche permanenti e definitive.

 

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria?

 

Il paziente tornerà in corsia con un bendaggio elastico del pene, moderatamente compressivo, tale da lasciare scoperto il glande, ed un catetere vescicale da tenere fino al giorno successivo.

La terapia postoperatoria sarà solo antidolorifica ed eventualmente antibiotica.

A 24 ore dall’intervento il paziente viene generalmente dimesso, dopo aver tolto il catetere e cambiata la medicazione. Per gli interventi con escissione della placca, a volte il ricovero è prolungato di un giorno per valutare l’evoluzione dell’edema postoperatorio.

In genere non è necessaria copertura antibiotica a domicilio.

 

Complicanze

 

Da sottolineare che proprio la trazione sfruttata per ottenere il raddrizzamento determina anche un certo accorciamento del pene in erezione che sarà proporzionale alla deviazione di partenza. Tale accorciamento non è una complicanza, ma una conseguenza inevitabile dell’intervento.

Complicanze precoci possono essere un discreto edema, ematoma penieno ed a volte scrotale. Più tardivamente può comparire un restringimento del prepuzio (motivo per cui è consigliabile associare una circoncisione), piccole deiscenze della ferita (spesso causate da erezioni involontarie troppo precoci), permanenza di un certo grado di curvatura.

Inoltre, con tale tecnica si ha la correzione della deviazione, ma non possono che permanere le irregolarità della superficie peniena percepibili a livello della placca e delle cicatrici.

Soprattutto per motivi psicologici, si possono avere nelle prime settimane rari episodi di deficit erettile che si risolvono spontaneamente.

 

Cosa occorre fare al domicilio dopo la dimissione?

 

Sulla lettera di dimissione saranno indicate le precise e personali indicazioni per ogni specifico caso.

In genere comunque il paziente praticherà una medicazione ogni due giorni cambiando il bendaggio ed applicando creme disinfettanti per una settimana circa, dopo la quale, in genere viene fatto un primo controllo.

A 6-7 settimane è consigliabile una visita di controllo per valutare gli esiti dell’intervento prima di riprendere una normale attività sessuale. Nel caso di innesti, dopo escissione della placca può essere consigliabile una riabilitazione sessuale più precoce.

 

 

 

 

INTERVENTO PER INCONTINENZA URINARIA MASCHILE

 

L’incontinenza urinaria nell'uomo è solitamente di origine iatrogena (in seguito ad intervento di prostatectomia radicale per esempio) ed è causata da un’insufficienza dello sfintere uretrale. In questi casi la terapia può essere di tipo chirurgico miniinvasivo posizionando un dispositivo di materiale biocompatibile per garantire un meccanismo di tenuta.

 

COSTRITTORE URETRALE

Intervento miniinvasivo che ha lo scopo di chiudere l’uretra mediante l'impianto di un dispositivo così da eliminare le perdite di urina. Il dispositivo ha la forma di una fascetta posizionata intorno all'uretra che viene successivamente (dopo circa 40 giorni dall'intervento) riempita con soluzione fisiologica tramite una piccola valvola posizionata nello scroto.

 

PROACT

Intervento miniinvasivo nel quale vengono posizionati due palloncini ai lati dell'uretra, subito sotto la vescica, che vengono progressivamente riempiti (iniziando 40 giorni dopo l'intervento) attraverso una valvola posizionata nello scroto.

 

Questi interventi vengono eseguiti in regime di One Day Surgery (il paziente viene dimesso il giorno seguente l’intervento). Entrambi i dispositivi vengono impiantati attraverso una piccola incisione a livello del perineo che viene suturata con punti riassorbibili che non necessitano rimozione. La pressione e la tenuta di entrambi i dispositivi sono modulabili in base alle necessità del paziente. L’anestesia è preferibilmente di tipo locoregionale, ovvero spinale o peridurale, oppure generale se la paziente lo richiede. Al termine dell’intervento viene posizionato un catetere vescicale che viene rimosso il giorno successivo.

Complicanze intraoperatorie:

-         Sanguinamento: possibile formazione di ematoma nella zona di intervento.

-         Lesione dell’uretra: prevede la sospensione dell’intervento, sutura della lacerazione e reintervento a guarigione avvenuta.

-         Lesione della vescica: prevede il mantenimento del catetere vescicale per 3 giorni.

Complicanze tardive:

-         Infezione: questa complicanze è piuttosto rara in quanto viene eseguita una profilassi antibiotica preoperatoria. In caso di infezione persistente e mancata risposta alla terapia antibiotica è necessaria la rimozione del dispositivo.

-         Erosione dell’uretra: richiede la rimozione del dispositivo.

-         Infezione urinaria risolvibile con adeguata terapia antibiotica.

-         Ritenzione urinaria (incompleto svuotamento della vescica): è sufficiente sgonfiare leggermente il dispositivo.

-         Persistenza dell’incontinenza urinaria soprattutto nei casi di incontinenza grave o mista che richiedono anche una terapia medica.

-   Malfunzionamento o migrazione del dispositivo che richiede la sostituzione o il riposizionamento di parte o del dispositivo stesso.

 

 

INTERVENTO CHIRURGICO PER IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA

 

La PROSTATA è una ghiandola sessuale finalizzata alla produzione del liquido seminale. Con l’età tende a sviluppare al suo interno una componente fibromuscolare detta adenoma, che fa aumentare di volume la ghiandola che può essere paragonata ad un’arancia con una buccia (vera prostata) e una polpa (adenoma). L’adenoma comprime il canale uretrale ed irrita la vescica causando i disturbi urinari che negli anni divengono ingravescenti e possono causare complicanze.

Gli interventi di asportazione dell’adenoma prostatico sono fondamentalmente due: l’asportazione con taglio addominale (adenomectomia transvescicale) o la resezione endoscopica (resezione endoscopica transuretrale o TURP). Quest’ultimo intervento endoscopico è oggi eseguito con strumenti diversi (elettrobisturi, corrente bipolare, vaporizzatore, laser holmio, laser KTP) ognuno con diverse indicazioni, vantaggi e svantaggi.

 

ADENOMECTOMIA TRANSVESCICALE

Tecnica Chirurgica

L’adenomectomia transvescicale é una classica chirurgia della prostata per rimozione in blocco dell’adenoma. Si attua mediante incisione ombelico-pubica con apertura della vescica che consente l’accesso all’adenoma che viene enucleato digitalmente.

La durata dell’intervento è di circa 30-60 minuti a seconda di altri eventuali atti chirurgici da associare (diverticoli ,calcoli ecc).

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria?

Il paziente rientra in reparto con un tubo di drenaggio che è mantenuto per 3 gg e un catetere vescicale con lavaggio che viene mantenuto per 4-5 gg. Dopo aver verificato una minzione regolare il paziente viene dimesso. I punti della ferita vengono rimossi dopo 7-8 gg dal medico di famiglia o in ospedale.

Rispetto alla chirurgia endoscopica si possono fare le seguenti valutazioni:

Vantaggi:

- asportazione rapida di grandi prostate

- asportazione totale e duratura dell’adenoma

- miglior controllo del sanguinamento

Svantaggi:

-taglio addominale

-maggiore ospedalizzazione e tempo di cateterizzazione

-minore possibilità di conservare l’eiaculazione

 

RESEZIONE ENDOSCOPICA DELLA PROSTATA

Tecnica Chirurgica

E’ oggi l’intervento di elezione per l’asportazione della prostata. Si attua mediante uno strumentario specifico che consente di effettuare l’asportazione del tessuto patologico a frammenti, utilizzando la via naturale dell’uretra. I frammenti vengono portati all’esterno mediante un liquido di irrigazione continua. Il sanguinamento è controllato mediante coagulazione dei vasi sanguigni.

La durata dell’intervento varia fra i 20 e i 60 minuti in relazione al volume da asportare.

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria?

Al rientro dalla sala operatoria il paziente avrà un catetere vescicale che consente il lavaggio della vescica. Il giorno successivo (prima giornata postoperatoria) le urine saranno generalmente più chiare e il paziente potrà alzarsi ed alimentarsi. Il catetere verrà rimosso quando le urine saranno sufficientemente chiare in un tempo variabile generalmente da 1 a 3 giorni. Una volta verificata una minzione spontanea il paziente sarà dimesso.

Rispetto all’adenomectomia trans vescicale si possono fare le seguenti valutazioni:

Vantaggi

- assenza di tagli addominali

- minore ospedalizzazione

- minore tempo di cateterizzazione

- maggiore possibilità di conservare l’eiaculazione

Svantaggi

- non adatta ad adenomi voluminosi

- maggior frequenza di recidive nel tempo

- peggior controllo del sanguinamento

 

PROSTATECTOMIA CON LASER GREENLIGHT

Tecnica chirurgica

La prostatectomia con Greenlaser KTP è una tecnica endoscopica che permette la “vaporizzazione” dell’adenoma prostatico rispetto alle altre tecniche che ne prevedono l’asportazione. La fibra laser viene introdotto attraverso uno strumento endoscopico e mediante una progressiva rotazione l’adenoma viene vaporizzato.

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria?

Il paziente rientra con un catetere spesso senza necessità di lavaggio postoperatorio. Il giorno successivo il catetere viene rimosso ed il paziente dimesso dopo aver ripreso una minzione spontanea

Vantaggi:

-       pressoché totale assenza di perdite ematiche

-       conservazione dell’eiaculazione nel 70% dei casi

-       minor necessità di lavaggio postoperatori

-       ridotto tempo di cateterismo e ospedalizzazione

Svantaggi

-       non possibilità di un esame istologico

-       intervento più lungo e meno idoneo per prostate voluminose

 

Complicanze interventi per ipertrofia prostatica benigna

Immediate o precoci

-         emorragia intraoperatoria che può richiedere emotrasfusioni

-         emorragia postoperatoria che può richiedere emotrasfusioni e raramente un reintervento

-         tamponamento vescicale da coaguli con intasamento del catetere che necessita di lavaggio e drenaggio dai coaguli, a volte di sostituzione del catetere

-         trombosi venosa degli arti inferiori ed embolia polmonare: sono complicazioni assai rare in questo tipo di intervento, nei pazienti a rischio si effettua profilassi con eparina a basso peso molecolare

-         infezione ed incontinenza delle urine: sono eventi assai rari, nei primi giorni è spesso presente una urgenza minzionale

-         orchiepididimiti (infezioni a livello dei testicoli)

-         rarissima fistola urinosa fra vescica e cute che comporta un mantenimento più a lungo del catetere vescicale (solo per l'adenomectomia)

-         cedimento dei punti di sutura che richiedono risutura o più lenta guarigione (solo per l'adenomectomia)

Tardive

- ernia incisionale che può richiedere un intervento di plastica successivo (solo per l'adenomectomia)

- rara incontinenza delle urine per lesione dello sfintere(<1%)

- ritenzione acuta di urine: dopo la dimissione è un evento non raro dovuto alla ostruzione del canale uretrale per edema (infiammazione) o per coaguli ematici (anche vecchi). Si risolve con atto medico ritornando in Ospedale, di solito non necessita di ricovero salvo diverso giudizio medico

- Stenosi del canale uretrale: si verifica per processi infiammatori cronici e per esuberanza della cicatrizzazione, è un evento raro (1 su 100) e il paziente lamenta dopo settimane di benessere, una progressiva riduzione del getto urinario, si risolve con dilatazioni progressive o con nuovi atti operatori endoscopici.

L’adenomectomia e la TURP comportano generalmente la perdita della eiaculazione (emissione di sperma durante l’orgasmo) dunque la non fertilità. L’intervento con laser preserva l’eiaculazione nella maggior parte dei pazienti. In rari casi si può verificare un deficit erettile come conseguenza dell’intervento collegato spesso a fattori preoperatori (deficit preesistente, patologie associate, ecc).

 

 

Cosa occorre fare al domicilio dopo la dimissione?

- Riposo per 10-15 gg.

- Dieta alimentare equilibrata e non irritante.

- Idratazione con almeno 2 litri di acqua al giorno.

- Evitare stipsi intestinale.

- Astenersi dai rapporti sessuali per 2 settimane.

 

INTERVENTO DI SLING MEDIO-URETRALE TRANS-OTTURATORIO O SOVRAPUBICO PER INCONTINENZA URINARIA

 

Lo sling mediouretrale è un intervento miniinvasivo che ha lo scopo di sostenere e fissare l’uretra così da eliminare le perdite di urina nei casi di incontinenza da sforzo. Viene eseguito in regime di Day Surgery (la paziente viene dimessa il giorno seguente l’intervento) e non necessita di nessuna preparazione particolare se non una depilazione completa dei genitali. La via di accesso è vaginale con il passaggio della benderella a livello addominale tramite due incisioni di circa mezzo centimetro od a livello dell’inguine di lato alle grandi labbra.

L’anestesia è preferibilmente di tipo locoregionale, ovvero spinale o peridurale.

Al termine della procedura può essere necessario unesame endoscopico per verificare che non ci siano state perforazioni della vescica durante il passaggio della benderella. Al termine dell’intervento viene posizionato un catetere vescicale ed uno zaffo vaginale.

Complicanze intraoperatorie:

-         Perforazione della vescica: prevede la rimozione della benderella ed un nuovo posizionamento.

-         Sanguinamento: raramente si può verificare una lesione di vasi sanguigni che richiede un intervento a cielo aperto.

-         Lesione dell’uretra: prevede la sospensione dell’intervento, sutura della lacerazione e reintervento a guarigione avvenuta.

Il giorno seguente l’intervento vengono rimossi sia il catetere che lo zaffo vaginale. Dopo la rimozione del catetere viene richiesto alla paziente di bere abbondantemente per valutare come urina. Se la minzione avviene regolarmente la paziente viene dimessa con il consiglio di osservare un periodo di riposo per alcuni giorni ed astenersi dai rapporti sessuali per 20 giorni circa. I punti di sutura sulla cute e sulla vagina sono riassorbibili e non necessitano di rimozione.

Complicanze tardive:

-         Infezione della benederella: questa complicanza è piuttosto rara in quanto viene eseguita una profilassi antibiotica preoperatoria. In caso di mancata risposta alla terapia antibiotica è necessaria la rimozione della benderella.

-         Erosione dell’uretra: richiede la rimozione della benderella.

-         Infezione urinaria risolvibile con adeguata terapia antibiotica.

-         Ritenzione urinaria (incompleto svuotamento della vescica): se compare già dopo la rimozione del catetere si procede a cateterismo intermittente fino a risoluzione del quadro clinico. In caso di persistenza della difficoltà allo svuotamento vescicale si può procedere a dilatazione dell’uretra e se inefficace a rimozione della benderella.

-         Persistenza dell’incontinenza urinaria soprattutto nei casi di incontinenza mista che richiedono anche una terapia medica.

Si consiglia una visita di controllo un mese dopo la dimissione.

 

 

 

 

 

INTERVENTO PER PROLASSO UROGENITALE

 

Nel prolasso urogenitale si verifica un indebolimento delle fasce e dei legamenti che sostengono gli organi pelvici. Si può verificare un prolasso della vescica, dell’utero, del retto o anche di più organi contemporaneamente. La terapia è chirurgica.

 

PROLIFT.

Questo intervento prevede il riposizionamento degli organi prolassati nella pelvi attraverso il posizionamento di una rete pre-sagomata di prolene, materiale biocompatibile, morbido e non riassorbibile, che permette di rinforzare le strutture fasciali del pavimento pelvico. La rete viene posizionata a seconda del tipo di prolasso nella parte anteriore o posteriore della vagina od entrambe: all’intervento può essere associata o meno l’asportazione dell’utero. L’intervento viene eseguito in regime di ricovero ordinario. Richiede la depilazione completa dei genitali. L’anestesia può essere di tipo locoregionale (spinale) oppure generale.

La via di accesso è vaginale. Al termine della procedura viene posizionato un catetere vescicale ed uno zaffo vaginale. La durata del ricovero è di circa 3 giorni. Le complicanze postoperatorie precoci possono essere: lacerazione di vasi sanguigni, vescica, uretra o intestino che potrebbero richiedere la riparazione chirurgica a cielo aperto. Nel periodo postoperatorio può presentarsi un dolore transitorio alle cosce che di solito si risolve con la somministrazione di analgesici.

In prima giornata postoperatoria viene rimosso lo zaffo vaginale ed in seconda giornata viene rimosso il catetere vescicale e viene richiesto alla paziente di bere abbondantemente per controllare come urina. Nei casi in cui si associ anche il posizionamento di una benderella di prolene al di sotto dell’uretra per correggere una contemporanea incontinenza urinaria, è possibile che compaia difficoltà allo svuotamento vescicale. Se questo accade è possibile ridurre il residuo postminzionale con il cateterismo intermittente (introduzione di un piccolo catetere autolubrificato dopo che la paziente ha urinato) fino alla dimissione o fino a minzione regolarizzata.

Successivamente all’intervento può presentarsi una incontinenza da urgenza che può essere transitoria o trattata con adeguata terapia medica.

I punti di sutura vaginali sono riassorbibili e non necessitano di rimozione. Dopo la dimissione la paziente deve osservare un periodo di riposo evitando sforzi eccessivi ed astenersi dai rapporti sessuali per circa 20 giorni o almeno fino alla caduta dei punti di sutura vaginali.

Le complicanze postoperatorie tardive possono essere: infezione (piuttosto rara in quanto viene eseguita adeguata profilassi antibiotica durante il ricovero) che deve essere trattata con terapia antibiotica e in caso di mancata risposta richiede la rimozione della rete; formazione di aderenze, erosioni dell’uretra o della parete vaginale con conseguente fuoriuscita della rete che in questo caso deve essere rimossa chirurgicamente.

Si consiglia una visita di controllo un mese dopo la dimissione.

 

COLPOSACROPESSI

Questo intervento è indicato nelle pazienti con prolasso della cupola vaginale conseguente ad un intervento di isterectomia per via vaginale o addominale. Può essere indicato anche nel caso di prolasso uterino e non sia indicata un’isterectomia (asportazione dell’utero), oppure può essere eseguito insieme ad una isterectomia per evitare il prolasso della cupola vaginale.

L’intervento prevede una incisione addominale e il posizionamento di una rete di materiale biocompatibile per ancorare la cupola vaginale all’osso sacro. Al rientro dalla sala operatoria la paziente ha un drenaggio in cavità addominale ed un catetere vescicale.

Le complicanze intraoperatorie sono rappresentate soprattutto dalla rottura, con conseguente sanguinamento, dei vasi presacrali.

Il dolore postoperatorio è controllato da una adeguata terapia antalgica. Il drenaggio addominale e il catetere vescicale verranno rimossi in 2°-3° giornata postoperatoria. La dimissione avviene avviene generalmente dopo I punti di sutura vengono rimossi in 7°-8° giornata.

Dopo l’intervento, una volta dimessa, la paziente deve evitare sforzi eccessivi ed osservare un periodo di riposo.

Solitamente alla rimozione del catetere non vi è difficoltà nella minzione, ma se questo accade è possibile ridurre il residuo postminzionale con il cateterismo intermittente (introduzione di un piccolo catetere autolubrificato dopo che la paziente ha urinato) fino alla dimissione o fino a minzione regolarizzata.

Successivamente all’intervento può presentarsi una incontinenza da urgenza che può essere transitoria o trattata con adeguata terapia medica.

Complicanze a distanza: ernia incisionale (laparocele) che se importante deve essere corretta chirurgicamente e mancanza di sensibilità cutanea e perdita di tono muscolare, in sede incisionale, legati alla inevitabile sezione dei rami dei nervi della parete addominale. Col tempo la perdita di sensibilità tende a scomparire mentre la perdita di tono muscolare non tende a modificarsi anche se non comporta particolari problemi.

Le altre complicanze sono comuni a tutti gli interventi di chirurgia addominale e sono rappresentate dalla possibile trombosi venosa profonda con embolia polmonare, infezione della ferita o sua diastasi (riapertura per cedimento dei punti di sutura) che deve essere richiusa chirurgicamente.

Si consiglia visita di controllo un mese dopo la dimissione.

 

INTERVENTO DI NEFRECTOMIA PARZIALE O RADICALE

 

Nefrectomia è il termine che indica l’asportazione del rene. Se viene asportata solo una parte dell’organo viene denominata nefrectomia parziale. Se viene asportata solo il tumore viene denominata tumorectomia.

Indicazioni: la nefrectomia viene effettuata nel caso in cui il rene sia interessato da una patologia che ne ha compromesso completamente la funzione o da una neoplasia maligna di dimensioni maggiori di 4 – 7 cm. Nel primo caso si effettuerà una nefrectomia semplice nel secondo caso una nefrectomia radicale.

 

A)    NEFRECTOMIA RADICALE

Viene eseguita nel caso di neoplasia maligna e vengono asportati il rene con il grasso che lo circonda, il tratto di uretere superiore ed eventualmente i linfatici di pertinenza. Se questa interessa la parte superiore del rene viene solitamente asportata anche la ghiandola surrenalica.

Questo intervento può essere eseguito chirurgicamente (con incisione cutanea) oppure in videolaparoscopia (tecnica chirurgica che viene eseguita attraverso piccole incisioni addominali con particolari strumenti azionati dall’esterno).

 

Nefrectomia radicale chirurgica

Viene praticata una incisione cutanea obliqua dalle coste inferiori fino all’addome. Viene esposto il rene con la sua capsula, vengono legati e sezionati l’arteria e la vena renale, l’uretere e viene asportato il rene con la sua capsula e l’uretere superiore. Si procede quindi alla eventuale asportazione dei linfonodi di pertinenza. Si procede di seguito alla ricostruzione dei piani muscolari e della cute previo posizionamento di un tubo di drenaggio per le secrezioni post-operatorie. La durata dell’intervento varia dalle 2 alle 3 ore.

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente presenterà: medicazione sulla rima d’incisione, un sistema di raccolta collegato al tubo di drenaggio, il catetere vescicale. Il catetere vescicale verrà rimosso generalmente in prima o seconda giornata postoperatoria. Il tubo di drenaggio verrà rimosso al termine delle secrezioni, generalmente in terza giornata postoperatoria.

Se le condizioni lo permettono il paziente verrà invitato ad alzarsi il giorno dopo l’intervento. L’alimentazione riprenderà, se le condizioni lo permettono, in II giornata post-operatoria.

Complicanze intra-operatorie:

-         eccessivo sanguinamento: eventuale somministrazione di sangue eterologo da donatore.

Complicanze post-operatorie precoci:

-         eccessivo sanguinamento dai drenaggi: in base alla quantità e allo stato di anemizzazione si potrà attendere e praticare terapia infusionale con sangue eterologo da donatore oppure effettuare esplorazione chirurgica per domare il sanguinamento.

-         Infezione della ferita: terapia antibatterica, riapertura e terapia locale della ferita.

Dimissione

Alla dimissione, generalmente in III giornata postoperatoria, il paziente dovrà seguire un adeguato periodo di riposo. La ferita andrà medicata. I punti di sutura andranno rimossi dall’ VIII giornata post-operatoria dal curante o presso i nostri ambulatori.

 

Complicanze post-operatorie tardive:

-         lombo-laparocele (cedimento della parete addominale suturata che si evidenzia con gonfiore in sede della ferita chirurgica causata dalla protuberanza sottocutanea di contenuto addominale) : terapia chirurgica di plastica (laparoplastica).

-         anestesia cutanea in sede di ferita o paralisi del tratto muscolare (rari) risultante in deformazione a gonfiore (modesto) in sede di incisione da lesione del nervo intercostale.

 

Nefrectomia laparoscopica

Sia la nefrectomia semplice che la nefrectomia radicale possono essere effettuate per via laparoscopica. Tale tecnica consiste nell’effettuare gli stessi interventi sopradescritti operando con particolari strumenti azionati dall’esterno attraverso piccole incisioni cutanee previo rigonfiamento della cavità addominale con gas inerte come l’anidride carbonica. In questo modo si evita una incisione cutanea maggiore.

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente avrà un sistema di raccolta collegato ad un tubo di drenaggio un catetere vescicale. Il decorso post-operatorio prevede rimozione del catetere vescicale in I giornata post-operatoria, del drenaggio alla fine delle secrezioni (in genere in II-III giornata post-operatoria), deambulazione in I giornata e dimissione, salvo complicazioni, in II-III giornata.

Complicanze intra-operatorie:

-         uguali alla nefrectomia chirurgica

-         L’INTERVENTO POTRA’ ESSERE CONVERTITO IN MODALITA’ CHIRURGICA TRADIZIONALE IN QUALSIASI MOMENTO SE SI VERIFICANO CONDIZIONI TALI IN CUI IL CAMPO OPERATORIO NON POSSA ESSERE GESTITO IN SICUREZZA CON LA STRUMENTAZIONE LAPAROSCOPICA (ECCESSIVO SANGUINAMENTO, ADERENZE, NEOPLASIE DI GROSSE DIMENSIONI).

Complicanze post-operatorie precoci:

-       uguali alla nefrectomia chirurgica

Dimissione

Alla dimissione, generalmente in II giornata postoperatoria, il paziente dovrà seguire un adeguato periodo di riposo. I punti di sutura andranno rimossi dall’VIII giornata post-operatoria (il giorno dell’intervento non si conta) dal curante o presso i nostri ambulatori.

 

B) TUMORECTOMIA E NEFRECTOMIA PARZIALE

Si definisce tumorectomia l’asportazione della sola neoplasia renale (tumore) e nefrectomia parziale l’asportazione di una intera porzione di rene.

 

Tumorectomia chirurgica

La tumorectomia viene effettuata di scelta quando la neoplasia renale non supera i 4 cm di grandezza, ma anche in neoplasie di dimensioni fino a 7 cm in condizioni anatomiche particolarmente favorevoli. Viene effettuata di necessità se il paziente ha un solo rene oppure presenta tumori multipli ad ambedue i reni.

Tecnica chirurgica: incisione cutanea sul fianco all’XI spazio intercostale. Isolamento del rene interessato, asportazione della neoplasia e sutura del parenchima renale. L’incisione cutanea viene effettuata sull’addome in sede mediana o trasversale se le neoplasie interessano ambedue i reni che devono necessariamente essere operati contemporaneamente.

Complicanze intraoperatorie:

-         eccessivo sanguinamento: può comportare la somministrazione di sangue eterologo da donatore durante l’intervento. Se il sanguinamento diviene tecnicamente incontrollabile ed è tale da mettere in pericolo la vita del paziente, si procederà di necessità a nefrectomia chirurgica.

Complicanze post-operatorie precoci:

-         eccessivo sanguinamento dai drenaggi: in base alla quantità e allo stato di anemizzazione si potrà attendere e praticare terapia infusionale con sangue eterologo da donatore oppure effettuare esplorazione chirurgica per domare il sanguinamento.

-         Infezione della ferita: terapia antibatterica, riapertura e terapia locale della ferita.

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente presenterà: medicazione sulla rima d’incisione, un sistema di raccolta collegato al drenaggio ed il catetere vescicale. Il catetere vescicale verrà rimosso generalmente in I o II giornata postoperatoria. Il tubo di drenaggio verrà rimosso al termine delle secrezioni, generalmente in III giornata postoperatoria.

Se le condizioni lo permettono il paziente verrà invitato ad alzarsi il giorno dopo l’intervento. L’alimentazione riprenderà, se le condizioni lo permettono, in II giornata post-operatoria.

Complicanze post-operatorie tardive:

-         lombo-laparocele (cedimento della parete addominale suturata che si evidenzia con gonfiore in sede della ferita chirurgica causata dalla protuberanza sottocutanea di contenuto addominale): terapia chirurgica di plastica (laparoplastica).

-         anestesia cutanea in sede di ferita o paralisi del tratto muscolare (rari) risultante in deformazione a gonfiore (modesto) in sede di incisione da lesione del nervo intercostale.

 

Tumorectomia laparoscopica

L'approccio al rene e l'asportazione della neoplasia avviene con gli stessi tempi della tecnica chirurgica gia' descritta ma viene eseguita con particolari strumenti attraverso piccoli fori creati nella parete dell'addome previo rigonfiamento della cavità addominale con gas inerte come l’anidride carbonica. In questo modo si evita una incisione cutanea maggiore.

Nefrectomia parziale

La nefrectomia parziale viene effettuata in caso di lesione renale circoscritta che ne ha provocato la perdita di funzionalità: infezioni, grossi calcoli, ascessi. Viene effettuata anche in caso di neoplasia renale maligna superiore a 4 cm in pazienti con rene unico.

Tecnica: incisione cutanea sul fianco al XI spazio intercostale. Isolamento del rene. Isolamento dei vasi renali che possono essere temporaneamente chiusi per permettere l’asportazione della porzione ammalata. Sutura del parenchima renale e dei calici renali. Per sicurezza potrà essere posizionato un catetere reno-vescicale (stent) che verrà rimosso ambulatorialmente dopo almeno 3 settimane.

Decorso, dimissione, complicanze intra e post-operatorie precoci uguali alla tumorectomia

 

INTERVENTO DI NEFRECTOMIA PARZIALE O RADICALE

 

Nefrectomia è il termine che indica l’asportazione del rene. Se viene asportata solo una parte dell’organo viene denominata nefrectomia parziale. Se viene asportata solo il tumore viene denominata tumorectomia.

Indicazioni: la nefrectomia viene effettuata nel caso in cui il rene sia interessato da una patologia che ne ha compromesso completamente la funzione o da una neoplasia maligna di dimensioni maggiori di 4 – 7 cm. Nel primo caso si effettuerà una nefrectomia semplice nel secondo caso una nefrectomia radicale.

 

B)    NEFRECTOMIA RADICALE

Viene eseguita nel caso di neoplasia maligna e vengono asportati il rene con il grasso che lo circonda, il tratto di uretere superiore ed eventualmente i linfatici di pertinenza. Se questa interessa la parte superiore del rene viene solitamente asportata anche la ghiandola surrenalica.

Questo intervento può essere eseguito chirurgicamente (con incisione cutanea) oppure in videolaparoscopia (tecnica chirurgica che viene eseguita attraverso piccole incisioni addominali con particolari strumenti azionati dall’esterno).

 

Nefrectomia radicale chirurgica

Viene praticata una incisione cutanea obliqua dalle coste inferiori fino all’addome. Viene esposto il rene con la sua capsula, vengono legati e sezionati l’arteria e la vena renale, l’uretere e viene asportato il rene con la sua capsula e l’uretere superiore. Si procede quindi alla eventuale asportazione dei linfonodi di pertinenza. Si procede di seguito alla ricostruzione dei piani muscolari e della cute previo posizionamento di un tubo di drenaggio per le secrezioni post-operatorie. La durata dell’intervento varia dalle 2 alle 3 ore.

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente presenterà: medicazione sulla rima d’incisione, un sistema di raccolta collegato al tubo di drenaggio, il catetere vescicale. Il catetere vescicale verrà rimosso generalmente in prima o seconda giornata postoperatoria. Il tubo di drenaggio verrà rimosso al termine delle secrezioni, generalmente in terza giornata postoperatoria.

Se le condizioni lo permettono il paziente verrà invitato ad alzarsi il giorno dopo l’intervento. L’alimentazione riprenderà, se le condizioni lo permettono, in II giornata post-operatoria.

Complicanze intra-operatorie:

-         eccessivo sanguinamento: eventuale somministrazione di sangue eterologo da donatore.

Complicanze post-operatorie precoci:

-         eccessivo sanguinamento dai drenaggi: in base alla quantità e allo stato di anemizzazione si potrà attendere e praticare terapia infusionale con sangue eterologo da donatore oppure effettuare esplorazione chirurgica per domare il sanguinamento.

-         Infezione della ferita: terapia antibatterica, riapertura e terapia locale della ferita.

Dimissione

Alla dimissione, generalmente in III giornata postoperatoria, il paziente dovrà seguire un adeguato periodo di riposo. La ferita andrà medicata. I punti di sutura andranno rimossi dall’ VIII giornata post-operatoria dal curante o presso i nostri ambulatori.

 

Complicanze post-operatorie tardive:

-         lombo-laparocele (cedimento della parete addominale suturata che si evidenzia con gonfiore in sede della ferita chirurgica causata dalla protuberanza sottocutanea di contenuto addominale) : terapia chirurgica di plastica (laparoplastica).

-         anestesia cutanea in sede di ferita o paralisi del tratto muscolare (rari) risultante in deformazione a gonfiore (modesto) in sede di incisione da lesione del nervo intercostale.

 

Nefrectomia laparoscopica

Sia la nefrectomia semplice che la nefrectomia radicale possono essere effettuate per via laparoscopica. Tale tecnica consiste nell’effettuare gli stessi interventi sopradescritti operando con particolari strumenti azionati dall’esterno attraverso piccole incisioni cutanee previo rigonfiamento della cavità addominale con gas inerte come l’anidride carbonica. In questo modo si evita una incisione cutanea maggiore.

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente avrà un sistema di raccolta collegato ad un tubo di drenaggio un catetere vescicale. Il decorso post-operatorio prevede rimozione del catetere vescicale in I giornata post-operatoria, del drenaggio alla fine delle secrezioni (in genere in II-III giornata post-operatoria), deambulazione in I giornata e dimissione, salvo complicazioni, in II-III giornata.

Complicanze intra-operatorie:

-         uguali alla nefrectomia chirurgica

-         L’INTERVENTO POTRA’ ESSERE CONVERTITO IN MODALITA’ CHIRURGICA TRADIZIONALE IN QUALSIASI MOMENTO SE SI VERIFICANO CONDIZIONI TALI IN CUI IL CAMPO OPERATORIO NON POSSA ESSERE GESTITO IN SICUREZZA CON LA STRUMENTAZIONE LAPAROSCOPICA (ECCESSIVO SANGUINAMENTO, ADERENZE, NEOPLASIE DI GROSSE DIMENSIONI).

Complicanze post-operatorie precoci:

-       uguali alla nefrectomia chirurgica

Dimissione

Alla dimissione, generalmente in II giornata postoperatoria, il paziente dovrà seguire un adeguato periodo di riposo. I punti di sutura andranno rimossi dall’VIII giornata post-operatoria (il giorno dell’intervento non si conta) dal curante o presso i nostri ambulatori.

 

B) TUMORECTOMIA E NEFRECTOMIA PARZIALE

Si definisce tumorectomia l’asportazione della sola neoplasia renale (tumore) e nefrectomia parziale l’asportazione di una intera porzione di rene.

 

Tumorectomia chirurgica

La tumorectomia viene effettuata di scelta quando la neoplasia renale non supera i 4 cm di grandezza, ma anche in neoplasie di dimensioni fino a 7 cm in condizioni anatomiche particolarmente favorevoli. Viene effettuata di necessità se il paziente ha un solo rene oppure presenta tumori multipli ad ambedue i reni.

Tecnica chirurgica: incisione cutanea sul fianco all’XI spazio intercostale. Isolamento del rene interessato, asportazione della neoplasia e sutura del parenchima renale. L’incisione cutanea viene effettuata sull’addome in sede mediana o trasversale se le neoplasie interessano ambedue i reni che devono necessariamente essere operati contemporaneamente.

Complicanze intraoperatorie:

-         eccessivo sanguinamento: può comportare la somministrazione di sangue eterologo da donatore durante l’intervento. Se il sanguinamento diviene tecnicamente incontrollabile ed è tale da mettere in pericolo la vita del paziente, si procederà di necessità a nefrectomia chirurgica.

Complicanze post-operatorie precoci:

-         eccessivo sanguinamento dai drenaggi: in base alla quantità e allo stato di anemizzazione si potrà attendere e praticare terapia infusionale con sangue eterologo da donatore oppure effettuare esplorazione chirurgica per domare il sanguinamento.

-         Infezione della ferita: terapia antibatterica, riapertura e terapia locale della ferita.

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente presenterà: medicazione sulla rima d’incisione, un sistema di raccolta collegato al drenaggio ed il catetere vescicale. Il catetere vescicale verrà rimosso generalmente in I o II giornata postoperatoria. Il tubo di drenaggio verrà rimosso al termine delle secrezioni, generalmente in III giornata postoperatoria.

Se le condizioni lo permettono il paziente verrà invitato ad alzarsi il giorno dopo l’intervento. L’alimentazione riprenderà, se le condizioni lo permettono, in II giornata post-operatoria.

Complicanze post-operatorie tardive:

-         lombo-laparocele (cedimento della parete addominale suturata che si evidenzia con gonfiore in sede della ferita chirurgica causata dalla protuberanza sottocutanea di contenuto addominale): terapia chirurgica di plastica (laparoplastica).

-         anestesia cutanea in sede di ferita o paralisi del tratto muscolare (rari) risultante in deformazione a gonfiore (modesto) in sede di incisione da lesione del nervo intercostale.

 

Tumorectomia laparoscopica

L'approccio al rene e l'asportazione della neoplasia avviene con gli stessi tempi della tecnica chirurgica gia' descritta ma viene eseguita con particolari strumenti attraverso piccoli fori creati nella parete dell'addome previo rigonfiamento della cavità addominale con gas inerte come l’anidride carbonica. In questo modo si evita una incisione cutanea maggiore.

Nefrectomia parziale

La nefrectomia parziale viene effettuata in caso di lesione renale circoscritta che ne ha provocato la perdita di funzionalità: infezioni, grossi calcoli, ascessi. Viene effettuata anche in caso di neoplasia renale maligna superiore a 4 cm in pazienti con rene unico.

Tecnica: incisione cutanea sul fianco al XI spazio intercostale. Isolamento del rene. Isolamento dei vasi renali che possono essere temporaneamente chiusi per permettere l’asportazione della porzione ammalata. Sutura del parenchima renale e dei calici renali. Per sicurezza potrà essere posizionato un catetere reno-vescicale (stent) che verrà rimosso ambulatorialmente dopo almeno 3 settimane.

Decorso, dimissione, complicanze intra e post-operatorie precoci uguali alla tumorectomia

 

INTERVENTO di ORCHIDOPESSI

INDICAZIONI

L'intervento chirurgico di correzione del criptorchidismo (mancata discesa di uno o entrambi i testicoli nella borsa scrotale, con arresto lungo il fisiologico tragitto dall’addome) viene comunemente chiamato "orchidopessi". Tale termine sintetizza la procedura per la quale i testicoli, trattenuti in posizione extrascrotale, vengono riposizionati nella loro sede naturale e cioè nel fondo della borsa scrotale. Lo stesso termine viene utilizzato per indicare l’intervento di fissaggio del testicolo nel caso di testicolo retrattile cioè quando il testicolo è presente nel sacco scrotale ma viene retratto (tirato) nel canale inguinale dal muscolo cremastere. la terapia del criptorchidismo si prefigge di riportare il testicolo o i testicoli nello scroto, dal momento che la ritenzione testicolare predispone alla degenerazione neoplastica ed all'arresto della spermatogenesi.

INTERVENTO

Esistono varie tecniche di esecuzione le cui variazioni sono in funzione della situazione anatomica locale:


1. Orchidopessi inguinale: è la tecnica standard e si pratica quando il testicolo è palpabile lungo il canale inguinale. Consiste in un'incisione inguinale con reperimento del testicolo e sua liberazione insieme alle strutture vascolari in modo tale che il testicolo possa essere allocato nello scroto, senza che lo stesso sia in trazione. Per ottenere questo risultato il chirurgo verificherà intraoperatoriamente che l'allungamento del peduncolo testicolare sia sufficiente e dopo aver preparato una tasca sottocutanea nello scroto provvederà posizionarvi il testicolo, fissandolo con due o più punti di sutura. Questa tecnica viene chiamata "orchidopessi secondo Shoemaker".

2. Orchidopessi di testicoli non palpabili: nel 10% circa dei casi di criptorchidismo il testicolo è situato in posizione addominale e non è palpabile o addirittura è assente (anorchia). In questo caso è preferibile eseguire una laparoscopia esplorativa per il suo reperimento con conseguente scelta dell'eventuale via di accesso per l'intervento correttivo. In caso di testicoli intraddominali atrofici può essere talvolta necessario ricorrere ad una orchiectomia (asportazione del testicolo).

3. Orchidopessi per testicoli mobili: in questo caso viene effettuato un semplice fissaggio con punti di sutura tra testicolo e setto interscrotale per evitare la risalita del testicolo. L’intervento viene eseguito con una semplice incisione scrotale, se possibile in anestesia locale in regime di day surgery.

Durata dell'intervento
Variabile, dai circa 10 minuti per il testicolo mobile a 1 ora per le orchidopessi più complesse. Al ritorno in reparto il paziente presenta una semplice medicazione senza drenaggi esterni.

DECORSO E COMPLICANZE PRECOCI

Tale intervento richiede in genere un ricovero ospedaliero di sole 24 ore, salvo infrequenti complicanze quali rialzo febbrile, edema significativo o raccolta ematica inguino-scrotale.

 

NORME DI COMPORTAMENTO ALLA DIMISSIONE

Generalmente non necessaria copertura antibiotica a domicilio, si consiglia invece riposo evitando attività fisica intensa per 3 settimane

COMPLICANZE TARDIVE

Sono essenzialmente rappresentate dalla risalita del testicolo (10%) nei mesi successivi all’intervento, molto più raramente da lesioni al peduncolo vascolare, con conseguente atrofia del testicolo e da lesioni del dotto deferente.

FOLLOW-UP (Controlli)

Le condizioni del testicolo vanno in seguito controllate dopo 20 giorni circa dalla dimissione e sei mesi dopo. Il successivo follow up dovrebbe comprendere un controllo annuale per i primi 5 anni dall’intervento e successivamente ogni 5 anni. Insieme alla visita occorre un esame ecografico, per valutare la configurazione e la frequenza della microlitiasi testicolare per selezionare, nella popolazione degli ex criptorchidi, coloro che presentano un possibile maggior rischio di cancro testicolare. In questi casi particolari una sorveglianza annuale è consigliabile anche oltre i 5 anni.

TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI RENALE PER VIA PERCUTANEA (PCNL)

La PCNL è indicata nei casi di calcolosi renale superiore a 2,5 cm.

Tecnica chirurgica

Il paziente viene posto in posizione prona, viene posizionato un cateterino ureterale e quindi, attraverso una piccola incisione cutanea, viene creato l’accesso al rene interessato sotto guida radiologica o ecografica. Viene posizionata nel tramite cutaneo una guida (camicia) attraverso la quale, con particolari strumenti (nefroscopio), vengono individuati i calcoli che vengono frantumati ed asportati con ultrasuoni o laser.

Complicanze intraoperatorie

-         eccessivo sanguinamento: coagulazione dei vasi visibili. Se il sanguinamento non permette un visuale perfetta la procedura potrà essere interrotta.

-         Il sanguinamento eccessivo e non controllabile nonostante la terapia infusionale con sangue eterologo (da donatore) può richiedere un intervento chirurgico immediato per il controllo dell’emorragia. Particolari lesioni importanti del rene potranno portare ad eseguire una nefrectomia (asportazione del rene).

Decorso

Il paziente rientra dalla sala operatoria con un catetere che fuoriesce attraverso la cute dal rene (nefrostomico), un catetere vescicale. Il catetere vescicale viene rimosso in I giornata post-operatoria. Il catetere nefrostomico viene rimosso quando le urine schiariscono (in genere in III giornata post-operatoria) e dopo controllo radiologico delle cavità renali. La dimissione avverrà alla rimozione del catetere reno-cutaneo (nefrostomico).

Complicanze post-operatorie precoci

-         eccessivo sanguinamento dal catetere nefrostomico: eventuale terapia infusionale con sangue eterologo da donatore. Se non controllabile: intervento chirurgico differito per il controllo dell’emorragia. In particolari casi di lesione renale grave si potrà procedere a nefrectomia (asportazione del rene).

-         sanguinamento discreto dal catetere nefrostomico: attesa e in seguito, se non controllabile, terapie endovascolari radioguidate

-         Infezione: terapia antibatterica.

 

Dimissione

Alla dimissione il paziente dovrà seguire un adeguato periodo di riposo. Il persistere di perdita d’urina dal tramite cutaneo dopo asportazione del catetere nefrostomico potrà essere normale per qualche giorno e quindi verrà applica sacca cutanea di raccolta che verrà rimossa al termine della perdita.

 

 

 

Complicanze post-operatorie tardive:

persistenza di perdita d’urina dal tramite nefrostomico dopo asportazione del catetere: posizionamento di stent ureterale (cateterino nell’uretere) ambulatorialmente per via cistoscopica (attraverso la vescica).

-         ematuria (emissione di urine con sangue): generalmente a scomparsa spontanea.

PLASTICA DEL GIUNTO PIELO-URETERALE

Questo intervento viene effettuato per la presenza di una stenosi (restringimento) del tratto che unisce la pelvi renale (cavità renale dove si raccoglie l’urina) all’uretere (il canale che porta l’urina dal rene alla vescica). Questa procedura può essere effettuata per via chirurgica, per via endoscopica e per via laparoscopica.

TECNICA CHIRURGICA

Incisione cutanea sul fianco sotto la XII costa. Isolamento del tratto sede del restringimento. Asportazione di tale segmento e plastica fra uretere e pelvi renale. Viene posizionato un piccolo catetere nell’uretere (stent) che andrà rimosso dopo circa 4 settimane ambulatorialmente per via endoscopica.

Decorso

All’uscita della sala operatoria il paziente presenterà un sistema di raccolta collegato al tubo di drenaggio, catetere vescicale ed agocannula venosa per la somministrazione di farmaci e terapia antidolorifica. Il catetere vescicale verrà rimosso in I giornata post-operatoria, il drenaggio alla fine delle secrezioni (in genere in III giornata post-operatoria). La dimissione avverrà, salvo complicazioni, in III giornata post-operatoria.

Complicanze post-operatorie precoci:

-         Infezione della ferita: terapia antibatterica, riapertura e terapia locale della ferita.

-         Perdita d'urina dal drenaggio: in base alla quantita' si potrà attendere e mantenere il catetere vescicale per un tempo maggiore. Se la perdita perdura potrebbe rendersi necessaria la sostituzione del catetere ureterale (stent) posizionato durante l'intervento perchè dislocato od otturato.

 

Dimissione

Alla dimissione il paziente dovrà seguire un adeguato periodo di riposo. Dovrà recarsi dal proprio medico curante con la lettera di dimissione. Gli eventuali farmaci da assumere a domicilio verranno consegnati alla dimissione. I punti di sutura andranno rimossi dall’VIII giornata post-operatoria dal curante o presso i nostri ambulatori. Verrà comunicato al paziente appuntamento per la rimozione del catetere ureterale che avverrà in ambulatorio per via cistoscopica.

 

Complicanze post-operatorie tardive:

-         lombo-laparocele (cedimento della parete addominale suturata che si evidenzia con gonfiore in sede della ferita chirurgica causata dalla protuberanza sottocutanea di contenuto addominale): terapia chirurgica di plastica (laparoplastica).

-         anestesia cutanea in sede di ferita o paralisi del tratto muscolare (rari) risultante in deformazione a gonfiore (modesto) in sede di incisione da lesione del nervo intercostale.

 

TECNICA LAPAROSCOPICA

La procedura correttiva è identica alla tecnica chirurgica gia' descritta ma viene eseguita operando con particolari strumenti azionati dall’esterno attraverso piccole incisioni cutanee (di solito una di 1 cm e 2 o 3 di 5 mm), previo rigonfiamento della cavità addominale con gas inerte come l’anidride carbonica. In questo modo si evita una incisione cutanea maggiore e le complicanze post-operatorie tardive sopra   descritte.

TECNICA ENDOSCOPICA

L’intervento viene eseguito risalendo al tratto ristretto passando con particolari strumenti dall’uretra, la vescica e quindi dall’uretere interessato. Raggiunto il tratto stenotico si pratica l’incisione del tratto ristretto a tutto spessore con laser e si posiziona un catetere ureterale che verrà rimosso dopo almeno 4 settimane. Tutta la procedura viene monitorizzata radiologicamente.

Complicanze intraoperatorie

-         eccessivo sanguinamento (raro) o lacerazione importante dell’uretere: intervento chirurgico immediato con plastica e ricomposizione della lesione con sutura dell’uretere.

 

Decorso

All’uscita dalla sala operatoria il paziente presenterà un catetere vescicale e una agocannula per la somministrazione di farmaci e terapia antidolorifica. Il catetere verrà rimosso in I giornata post-operatoria. La dimissione avverrà salvo complicazioni in I- II giornata post-operatoria.

 

INTERVENTO CHIRURGICO DI PROSTATECTOMIA RADICALE

 

La prostata è una ghiandola sessuale situata sotto la vescica ed attraversata dall’uretra (il canale attraverso cui passa l’urina durante la minzione). Con il termine di prostatectomia radicale si intende l'intervento chirurgico che prevede l'asportazione in blocco della prostata e delle vescicole seminali con la successiva anastomosi della vescica con il moncone uretrale.
L'intervento è di solito preceduto da una linfoadenectomia pelvica cioè dalla asportazione dei linfonodi che drenano i linfatici dalla ghiandola prostatica. In genere è ritenuto candidabile ad intervento di prostatectomia radicale, con intenti curativi, il paziente con neoplasia prostatica clinicamente localizzata, con aspettativa di vita di almeno 10 anni in condizioni generali soddisfacenti. Lo scopo che l'intervento si propone è quello di rimuovere chirurgicamente tutto il tumore, consentendo la guarigione del paziente. Tuttavia occorre ricordare che, purtroppo, all'analisi istologica sul pezzo asportato il tumore può non essere confinato nella prostata o presentare margini di resezione positivi rendendo necessarie, dopo l’intervento, delle terapie aggiuntive (terapie adiuvanti).

 

Tecnica Chirurgica

Con l’intervento vengono asportate in blocco la prostata e le vescicole seminali e prelevati i linfonodi delle stazioni primarie. Tutti i campioni asportati vengono inviati per l’esame istologico che fornirà le indicazioni sullo stato locale della malattia e permetterà di formulare la prognosi della malattia e stabilire la eventuale necessità di altre cure. L'intervento viene eseguito attraverso un'incisione mediana al di sotto dell'ombelico.

 

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria?

Il paziente rientra in reparto con un drenaggio addominale per raccogliere eventuali perdite linfatiche od ematiche dalla zona operata e un catetere per il drenaggio delle urine.

Il giorno successivo si controllano i dati ematici e se non ci sono controindicazioni il paziente viene fatto alzare ed inizia una alimentazione leggera che verrà normalizzata nei giorni successivi. L’infusione di liquidi viene solitamente continuata per 24 ore. Il drenaggio viene rimosso appena cessa di essere rifornito (di norma dopo tre giorni dall'intervento). Il catetere dovrà stare in sede per 8-14 giorni in base alla qualità dell’anastomosi tra uretra e vescica.

Il paziente viene dimesso solitamente prima di togliere il catetere (di norma dopo tre giorni dall'intervento). Il controllo radiologico e la rimozione del catetere vengono eseguiti in regime ambulatoriale.

I punti di sutura vengono rimossi dopo 8-10 giorni.

 

Complicanze immediate o precoci

La complicanza più temuta è l’emorragia intraoperatoria. Le perdite possono anche essere cospicue e possono richiedere trasfusione di una o più unità di sangue.

Una tecnica accurata ed una buona conoscenza dell’anatomia, consentono una prostatectomia con perdite ematiche limitate, che non richiedono trasfusioni. Poiché nella nostra esperienza l’incidenza di emotrasfusioni è inferiore al 5% non vengono proposte routinariamente metodiche alternative (predeposito, recupero intraoperatorio).

La lesione del nervo otturatorio è un’evenienza rara e anche se rianastomizzato potrebbe portare come conseguenza ad una difficoltà successiva ad accavallare l’arto inferiore.

Le lesioni del retto sono rare e sono spesso la conseguenza di aderenze tenaci da biopsie ripetute o da iniziale infiltrazione da parte del tumore. Se si tratta di infiltrazione tumorale occorrerà eseguire la resezione del tratto intestinale interessato; diversamente sarà sufficiente una sutura per piani della parete del retto a garantire la guarigione (raro il ricorso a derivazione sul colon, temporanea, di protezione).

Le lesioni dell’uretere, rare e anch’esse dovute ad estensione locale di malattia, richiedono sempre un reimpianto dell’uretere in vescica.

La emorragia ritardata è una evenienza poco frequente e che necessita in meno dell’1% dei casi di riportare il paziente in sala operatoria. Un ematoma pelvico di dimensioni contenute solitamente si riassorbe da solo.

Il linfocele, è la raccolta di liquido linfatico nello scavo pelvico. Se piccolo si riassorbe spontaneamente (4-6 settimane), mentre se è voluminoso diviene sintomatico (rigonfiamento all’arto inferiore e allo scroto, tensione dolorosa al basso ventre) e deve essere trattato.

Drenaggio linfatico prolungato: richiede solo un controllo periodico poiché il tempo per il ristabilirsi di una nuova via linfatica può andare oltre le 3-4 settimane. E’ una situazione che può essere seguita con controlli ambulatoriali la cui frequenza viene di volta in volta stabilita.

Infezione della ferita: rara in quanto si esegue sempre profilassi antibiotica.

Diastasi della ferita: è una complicanza legata solitamente all’insorgere di complicanze polmonari che comportano tosse ripetuta. Richiede una nuova sutura in sala operatoria in anestesia. Se limitata alla sola cute è legata alla necrosi del tessuto adiposo sottocutaneo o a un ematoma della parete. In questi casi la sutura può essere eseguita con anestesia locale.

Fuoriuscita del catetere vescicale: è una complicanza legata allo sgonfiarsi del palloncino, il catetere può essere sostituito generalmente senza problemi.

Trombosi venosa profonda: poco frequente ma temibile. Sono sempre messe in atto le misure profilattiche: eparina a basso peso molecolare, mobilizzazione precoce.

 

Complicanze tardive

Trombosi venosa profonda: alla dimissione continua la cura profilattica con eparina a basso peso molecolare in base alle necessità cliniche.

Stenosi della anastomosi tra uretra e vescica: evenienza rara che compare a distanza di alcuni giorni o settimane come difficoltà a svuotare la vescica e può arrivare fino alla ritenzione completa di urine (anuria, globo vescicale accompagnato da dolore al basso ventre).

Ernia incisionale (laparocele): è il cedimento della parete addominale in sede di incisione. Se sintomatica o importante richiede, a distanza di 3-6 mesi dall’intervento, una plastica della parete con protesi.

Cosa occorre fare al domicilio dopo la dimissione?

Il paziente deve osservare un periodo di riposo di almeno 15 giorni, evitare sforzi ma mantenere movimenti attivi nei limiti concessi dal catetere.

Deve attenersi scrupolosamente alle cure suggerite, in modo particolare la terapia con eparina a basso peso molecolare per la prevenzione tromboembolica.

 

                                                           Il problema continenza

La complicanza più fastidiosa è l’incontinenza che può essere completa in una percentuale variabile, ma nella nostra esperienza generalmente inferiore al 2%. Nella maggior parte dei casi la continenza completa viene ripresa entro 2-3 mesi dopo l’intervento, ma possono occorrere anche tempi lunghi fino a 18 mesi per ottenere una continenza soddisfacente. Ovviamente, in questi casi l’incontinenza è solitamente di grado lieve e legata alla attività fisica e all’affaticamento nel corso della giornata. Per accelerare la ripresa del controllo delle urine sono molto utili la ginnastica pelvica (al momento della rimozione del catetere verrà consegnato uno schema illustrativo) o il ricorso a terapie di stimolo della muscolatura del pavimento pelvico.

Una modesta perdita (poche gocce) sotto sforzo è clinicamente considerata non significativa e

comunque non è una incontinenza che richiede trattamento.

 

Il problema erezione

L’intervento, per la vicinanza dei fasci vascolo-nervosi erigenti, comporta una discreta percentuale di disfunzione erettile, per necessità di radicalità oncologica o per lesione degli stessi durante le manovre chirurgiche. E’ possibile, in casi selezionati, eseguire in corso di prostatectomia radicale un risparmio di entrambi o di almeno uno dei due fasci vascolo-nervosi (prostatectomia radicale nerve sparing), ma questo non comporta automaticamente la ripresa delle erezioni spontanee, anche in pazienti giovani per la possibile componente vascolare. In questa ottica è importante eseguire una riabilitazione precoce della funzione erettile in regime ambulatoriale (al momento della rimozione del catetere verranno fornite le indicazioni necessarie).

 

 

PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA

 

Recentemente l'intervento chirurgico di prostatectomia radicale è stato proposto e standardizzato anche mediante tecnica laparoscopica.

La tecnica laparoscopica prevede l'esecuzione dell'intervento solitamente attraverso 5 porte laparoscopiche (cioè piccole incisioni di 1-2 cm).

La prostatectomia radicale laparoscopica viene eseguita generalmente in casi altamente selezionati dopo discussione sui vantaggi e svantaggi con l'operatore.

Per quanto riguarda il decorso postoperatorio, la dimissione, le complicanze precoci e tardive non vi sono ad oggi sostanziali differenze con quanto riportato per la prostatectomia radicale standard.

Anche il problema continenza risulta sostanzialmente sovrapponibile alla prostatectomia radicale standard con una percentuale di continenza media in letteratura a 12 mesi del 95%.

Il problema erezione è più difficilmente quantificabile, quello che si può affermare con sicurezza è che con la laparoscopia si possono facilmente risparmiare i nervi erigendi che decorrono posteriormente alla prostata.

L'intervento di prostatectomia laparoscopica può essere convertito nell'intervento tradizionale chirurgico in ogni momento indipendentemente dalla scelta del paziente (come in ogni intervento laparoscopico) per la comparsa di possibili complicanze, problemi anatomici che ne impediscono la prosecuzione o in ogni caso quando gli eventuali rischi non giustificano la sua prosecuzione.

 

 

INTERVENTO ENDOSCOPICO DI TUR-B

 

La TURB è la resezione transuretrale di neoformazioni della vescica. E’ ’una tecnica endoscopica che non prevede incisioni chirurgiche ma il passaggio di appositi strumenti attraverso l’uretra. L’anestesia può essere locoregionale (periferica) o generale. La durata dell’intervento varia dai 5 minuti alla mezz’ora in base alla sede e dimensioni della neoformazione.

 

Cosa succede al rientro dalla sala operatoria?

Il paziente rientra in reparto generalmente con un catetere, a meno di lesioni molto piccole ,che viene rimosso il giorno dopo, salvo complicazioni. Se programmata potrà essere eseguita una istillazione endovescicale di chemioterapico per la prevenzione precoce delle recidive.

Il giorno seguente, se non ci sono controindicazioni, il paziente viene fatto alzare ed una volta ripresa una minzione spontanea con urine chiare, viene dimesso. Nel caso di sanguinamento prolungato od asportazione di neoformazioni voluminose e profonde, può essere necessario mantenere il catetere per ulteriori 1-2 giorni.

 

Complicanze immediate o precoci

Le possibili complicanze, percentualmente basse, sono:

- lesioni dell’uretra e della vescica che di solito si risolvono mantenendo in sede il catetere per alcuni giorni.

- per neoformazioni della parete posteriore della vescica e’ possibile una perforazione in peritoneo che raramente comunque richiede una laparotomia con drenaggio peritoneale.

- l’ematuria persistente o tardiva e’ risolvibile con riposo, eventualmente con l’applicazione di catetere per alcuni giorni ed eventuale lavaggio continuo. In rari casi è necessaria una revisione della vescica in anestesia per coagulare i vasi sanguinanti.

- la ritenzione urinaria postoperatoria è di solito risolvibile con applicazione di catetere a dimora per alcuni giorni e terapia medica.

- urgenza minzionale e incontinenza possono essere temporanee e risolvibili spontaneamente. Una neoformazione che interessa lo sbocco ureterale può imporre la resezione dello stesso in fase di intervento e può raramente esitare in reflusso vescico-ureterale o stenosi tardiva dello sbocco con dilatazione della via escretrice.

                                             

Cosa occorre fare al domicilio dopo la dimissione?

La dimissione avviene in genere dopo uno o due giorni dall’intervento,si consiglia riposo per alcuni giorni ed evitare sforzi eccessivi per un mese, per la possibilità di ematuria tardiva da caduta di escara.

Dopo l’intervento, infine, in base all’esame istologico, sono previsti controlli cistoscopici nel tempo e la possibilità di instillazioni endovescicali con farmaci che riducano la frequenza delle possibili recidive.

 

Indirizzo

Dott. Massimo Cecchi Urologo

 mascecchi@gmail.com

massimo.cecchi@auro.it

Appuntamenti visite  vedi contatti 

Chi siamo

Il Dott. Cecchi si avvale della collaborazione di specialisti la maggior parte che collaborano con lui da anni condividendo l'attività di aggiornamento, i percorsi di formazione e l'acquisizione di nuove tecniche e metodologie

Stampa | Mappa del sito
© Dott. Massimo Cecchi Urologo